“Pecunia non olet”, il brocardo latino che sta a significare “il denaro non puzza”. E che quindi, da qualsiasi luogo esso venga, è sempre ben accetto.
Nel caso in questione, un giudice tributario ha richiesto il pagamento dell’Irpef, delle addizionali Irpef regionali e comunali, dei contributi e anche dell’IVA al 21% per una escort.La donna aveva guadagnato, rigorosamente in nero, 36mila euro nel 2010, ben 40mila nel 2011, 39mila nel 2012, con un incasso minimo di tremila euro al mese, esattamente cento al giorno. I finanzieri hanno trovato nella casa della donna un’agenda di appuntamento che stabiliva anche tutti gli incassi, in nero. Alle spese per le tasse la Commissione Tributaria di Savona ha richiesto anche 2mila euro per il pagamento delle spese di giudizio.
La Commissione de quo ha sostenuto che il tipo di professione esercitata è “irrilevante”, anche se “riprovevole” sul piano morale. Da qui la citazione del noto brocardo di Vespasiano: “Pecunia non olet”. Anche l’escort è tenuta al pagamento delle tasse, in quanto ai sensi della legge civile compie “una prestazione di servizio verso corrispettivo”.